Dal 15 luglio 2022 è in vigore il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (in forma abbreviata, CCII), così come disciplinato con il decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14.

Nel tempo sono state introdotte alcune modifiche e precisazioni al testo originale: si è arrivati ora al terzo correttivo del Codice della crisi, con il Decreto Legislativo n. 136 del 13 settembre 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 settembre 2024.

Il correttivo interviene anche sull’articolo 3, comma 4, in merito all’allerta precoce, sottolineando che gli indicatori tipizzati previsti ai fini di prevenzione non servono solo a rilevare una crisi in atto, ma possono essere utilizzati per prevedere e prevenire una crisi.

Di fatto, è proprio il D.Lgs 14/2019 che ha introdotto il secondo comma dell’articolo 2086 del Codice civile, obbligando l’imprenditore a dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato a monitorare la continuità aziendale e a prevenire la crisi a mezzo di apposite attestazioni rilasciate da professionista indipendente.

Gli indici di allerta si configurano, pertanto, come strumenti fondamentali: la loro applicazione non solo garantisce conformità alla normativa, ma rappresenta una leva strategica per la crescita e la sostenibilità dell’impresa.

L’introduzione degli indici di allerta nel quadro normativo del Codice della crisi e dell’insolvenza ha rafforzato il principio di responsabilità degli imprenditori nella gestione del rischio aziendale. La loro applicazione non è un mero adempimento formale, ma un’attività necessaria per garantire un controllo efficace sui principali indicatori economico-finanziari.

Il monitoraggio costante di questi indici consente di individuare tempestivamente segnali di difficoltà e attivare le misure necessarie per la loro gestione.

I parametri relativi agli indicatori di allerta sono emersi in seguito all’introduzione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019), con l’obiettivo di identificare tempestivamente situazioni di difficoltà aziendale e prevenire stati di insolvenza. Il gruppo di lavoro del Cndcec ha elaborato tali indici nel documento “Crisi d’Impresa – Gli Indici dell’Allerta”, pubblicato il 20 ottobre 2019, in attuazione dell’articolo 13, comma 2, del Codice della crisi.

Totale A) Patrimonio Netto

– Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (lett. A attivo)

– Dividendi deliberati e non ancora contabilizzati

– VII Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi

=

(Giacenze iniziali di cassa + Flusso della gestione operativa libero al servizio del debito) /

( Uscite previste contrattualmente per rimborso di debiti finanziari verso banche e altri finanziatori).

Il rimborso è inteso come pagamento della quota capitale contrattualmente previsto per i successivi sei mesi.

Si tratta di indici di settore, con soglie di allerta diverse in base ai macrosettori economici individuati dal CNDCEC.

Oltre ai precedenti sette indici, per valutare nell’insieme lo stato di salute dell’azienda il CCII fa riferimento ai seguenti ulteriori indicatori all’art. 13 co. 1 e all’art. 24 dell’originario D.Lgs 14/2019:

Ritardi nei pagamenti reiterati e significativi:

Debiti per retribuzioni scaduti da almeno sessanta giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo delle retribuzioni;

Debiti verso fornitori scaduti da almeno centoventi giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.

Assenza delle prospettive di continuità per l’esercizio in corso per cause diverse da probabili insolvenze. I sintomi che minacciano la continuità aziendale non sono rilevabili dagli indici su esaminati, in quanto avulsi dal sistema dei valori di bilancio, ma devono essere attentamente monitorati dall’organo amministrativo, anche facendo riferimento al principio di revisione ISA 570.

I su riportati sette indici vanno interpretati in modo gerarchico come illustrato nello schema seguente (fonte CNDCEC):

  1. Un Patrimonio netto negativo o inferiore al limite di legge comporta un presumibile stato di crisi;
  2.  se positivo si passa al secondo indice ovvero al DSCR. Se quest’ultimo è inferiore a 1 si segnala una situazione di allerta, se maggiore di 1 o non disponibile o inattendibile si passa ai 5 indici settoriali.

Solo se tali 5 indici superano tutte le soglie di settore vi è una ragionevole presunzione dello stato di crisi.

Per quanto riguarda gli “Altri indicatori dello stato di crisi”, sia il ritardo nei pagamenti determinato come su descritto, che l’assenza delle prospettive di continuità aziendale, fanno presumere uno stato di crisi.

Gli indici individuati dal gruppo di lavoro del Cndcec avrebbero dovuto essere pubblicati ufficialmente, ma tale adempimento non è stato portato a termine. Nonostante la mancata formalizzazione, tali indicatori risultano comunque di grande interesse poiché sono stati sviluppati attraverso un rigoroso processo di analisi statistica e valutazione empirica.

La loro selezione si è basata su criteri di rappresentatività settoriale e capacità predittiva, elementi fondamentali per individuare tempestivamente segnali di crisi e supportare le imprese nella gestione del rischio finanziario.

Sul punto si consiglia la lettura della UNI/PdR 167:2024, redatta anch’essa con il contributo dei commercialisti, che ha approfondito ogni aspetto della conformità degli assetti alle richieste del dettato normativo.

Resta il fatto che gli indicatori rimangono un valido strumento di benchmark per tutte le imprese che desiderano confrontare i propri risultati di bilancio consuntivi e, volendo, anche preventivi, con valori di riferimento ricavati da metodi statistici.

Dr. Lorenzo Basili (Rif. lorenzo.basili@farma-service.com)